Soggetto
Scacchi
Caratteristiche
Olio su tela
100×120 cm
Disponibile
Cornice cassetta americana dorato opaco
Descrizione
In questa tela Amanda denuncia con la consueta grazia garbata, nella totale assenza di fragore, la cecità e l’iniquità degli abusi dell’essere umano perpetrati ai danni del territorio. L’umanità e in particolare la piramide sociale, con le sue gerarchie di potere, sono concepite e delineate, ricorrendo a un espediente retorico giocato sulla traslitterazione dei significanti visivi. Gli esseri umani non sono più rappresentati secondo un canone convenzionale ma implodono nella forma, regredendo attraverso un prosciugamento iconico, a meri elementi del gioco degli scacchi, disposti casualmente su una pianta a forma di scacchiera. Questa assume le tonde protuberanze di un’entità viva, in costante sommovimento. La terra ci parla attraverso la voce silente, ctonia, di queste asperità che emergono e si ritraggono senza tregua. La scacchiera apparentemente stabile, è in realtà animata, nelle sue profondità, da ire telluriche e da contorsioni magmatiche, che urlano strazi inascoltati. Su questo tappeto di natura naturans, viva e parlante, si dispiega la diuturna liturgia di ombre umane, rappresentate a guisa di pedine.
Abbiamo i Re e le Regine ai vertici della cuspide sociale, che rappresentano le figure che prendono decisioni. Questi configurano i poteri forti, le massime autorità, che in barba all’ambiente, guidati unicamente da interessi personali producono scelte che spesso vanno a inficiare il delicato equilibrio delle biodiversità. Tutt’attorno si consuma la monotona danza degli altri protagonisti della sagra umana. Gli alfieri rappresentano le personalità dotate di accorta lungimiranza, coloro i quali lottano per uno sviluppo sostenibile. I cavalli incarnano la dimensione istintuale dell’uomo che, se assecondata, porta a scempi urbanistici e a lesioni irreparabili del territorio. Le torri infine, rappresentano le ferite già inflitte agli spazi urbani, gli abomini architettonici o i mostri ecologici, costruiti senza alcuna coscienza storico artistica.
Quasi tutte le pedine sono in procinto di passare nello spot prospiciente, infondendo nella composizione un generale senso di motilità irrequieta. Pare altresì che in tralice si percepisca un arabesco disordinato di traiettorie invisibili, che collega, senza un preciso disegno, le spaesate figurine in un gioco senza regole. Quest’ultime, sembrano soffrire la scomoda dimensione del lembo di scacchiera nella quale sono relegate, tanto da produrre una sorta di stridore a bassa frequenza. Al centro della composizione trova respiro una collina verde, che rappresenta l’ultima propaggine incontaminata non ancora scalfita dalla frenesia progressista dell’uomo. Mentre l’altra vallata di color terracotta, altro non è che l’ultimo tentativo di riplasmare lo spazio cittadino, affidandolo a inattuabili fantasie utopistiche.